q&a coronavirus

Q&A – Corona virus con la lente dei Contratti: focus su Eventi, Turismo e Ristorazione

Alcune risposte ai dubbi che possono derivare dall’emergenza.

I provvedimenti emanati dalle Autorità Pubbliche, italiane e straniere, in conseguenza della diffusione del coronavirus sul territorio italiano impongono limitazioni alla libera circolazione delle persone e delle merci, con inevitabili conseguenze sui contratti.

Analizziamo i primi quesiti che sono emersi nei settori dell’organizzazione di manifestazioni, spettacoli ed eventi sportivi, del turismo e della ristorazione.

Ho organizzato una mostra/esposizione/fiera che dovrebbe essere inaugurata a Milano nelle prossime settimane. Ho letto che i provvedimenti emanati dalle Pubbliche Autorità vietano questo genere di manifestazioni. Devo annullare o rimandare l’evento? Posso chiedere alla location una proroga della data di inizio e di termine dell’evento? Posso chiedere ai prestatori delle opere/espositori uno “slittamento” temporale? Gli sponsor possono chiedere la restituzione di quanto mi hanno già corrisposto? Devo rimborsare i visitatori che hanno già acquistato il biglietto di ingresso?

Ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. a e dell’art. 3 D.P.C.M. 25 febbraio 2020, nelle Regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte sono sospesi fino al 1 marzo 2020 gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, salva la possibilità per queste ultime di essere svolte a porte chiuse in Comuni diversi da quelli della c.d. “zona rossa”. Allo stato attuale, e in assenza di ulteriori disposizioni della Pubblica Autorità, se l’evento è calendarizzato dal 2 marzo in avanti, potrà avere luogo.

Nel caso in cui si voglia comunque rinviare l’evento, è innanzitutto necessario verificare l’esistenza di clausole di hardship nei contratti con gli altri imprenditori e professionisti, che prevedano la possibilità di sospendere le prestazioni o di rinegoziare. 

Quanto ai visitatori, l’indagine riguarderà gli eventuali conflitti tra le condizioni del contratto di vendita dei biglietti – favorevoli all’organizzazione – e le disposizioni del Codice civile e del Codice del consumo.

Sono un tour operator. Ho venduto a cittadini lombardi un pacchetto turistico per soggiorno alle isole Mauritius. Alla luce delle restrizioni adottate in quel Paese, i clienti annulleranno il viaggio programmato. Sono tenuto al rimborso? Posso applicare una penale? La compagnia aerea con cui dovevano viaggiare i clienti mi deve restituire le somme che ho anticipato?

L’art. 41, co. 4 del Codice del Turismo riconosce ai clienti il diritto di recesso e il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, senza alcuna penale, se nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze si verificano circostanze inevitabili e straordinarie che abbiano un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto turistico o sul trasporto. Ciò potrebbe avvenire proprio nel caso in cui il viaggio o lo svolgimento della vacanza viene impedito dai provvedimenti restrittivi in vigore nel Paese di destinazione al momento della partenza dei clienti.

In tale ipotesi, a mente del co. 6 dello stesso articolo si determina la risoluzione di diritto dei contratti stipulati con terzi e funzionalmente collegati al pacchetto turistico, tra cui anche quelli con le compagnie aeree. Se tali contratti sono regolati dal diritto italiano, le compagnie devono dunque restituire al tour operator tutte le somme che questi ha anticipato per il cliente.

Mio figlio frequenta una scuola superiore, ed il viaggio di istruzione della sua classe programmato per le prossime settime è stato annullato dal Dirigente scolastico, richiamando i provvedimenti adottati dal Governo italiano per far fronte all’emergenza coronavirus. Quali sono le conseguenze? Posso ottenere la restituzione integrale del prezzo già pagato per i viaggi? Sono tenuto a subire l’applicazione di penali da parte dei tour operator?

I viaggi di istruzione delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado sono sospesi fino al 15 marzo 2020 dall’art. 1, co. 1, lett. b D.P.C.M. 25 febbraio 2020, che ha inoltre disposto l’applicazione dell’art. 41, co. 4 del Codice del Turismo, e dunque il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, senza alcuna penale.

Se però il viaggio è programmato dal 16 marzo in poi, e salvo diversa disposizione della Pubblica Autorità, può essere effettuato e, se venisse ciononostante annullato dalla scuola, sorgerebbe l’obbligo di pagare la penale prevista dal contratto o – in mancanza – la somma stabilita dall’art. 41, co. 3 del Codice del Turismo.

Solo se si verificassero circostanze inevitabili e straordinarie nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e con un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto turistico o sul trasporto, si potrebbe allora domandare il rimborso integrale dei pagamenti effettuati, senza alcuna penale, ex art. 41, co. 4 del Codice del Turismo.

Fornisco prodotti alimentari deperibili ad operatori della ristorazione. Un cliente mi ha comunicato che vuole annullare un ordine perché il fabbisogno del suo locale è significativamente calato in seguito all’emergenza coronavirus. Può farlo? Cosa accade se nel contratto sono previsti dei minimi garantiti?

Il cliente potrebbe invocare la disciplina della risoluzione ai sensi dell’art. 1467 cod. civ. per eccessiva onerosa sopravvenuta della prestazione in ragione del verificarsi di un evento straordinario e imprevedibile.

La presenza di minimi garantiti potrebbe rendere la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta più difficoltosa in ragione dell’alea intrinseca in un simile accordo.

Fornisco prodotti alimentari deperibili ad operatori della ristorazione. A causa delle limitazioni di accesso alla c.d. “zona rossa”, diventa impossibile rifornire i clienti operanti in quell’area. Che conseguenze subiscono i contratti di fornitura di lunga durata?

Potrebbe ricorrere l’ipotesi dell’impossibilità temporanea di eseguire la prestazione per una causa non imputabile al fornitore ex art. 1256, co. 2 cod. civ. La consegna è infatti impedita da un factum principis, cioè da un atto della Pubblica Autorità.

Potrebbero dunque trovare applicazione le norme in materia di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta. La parte che sarà tenuta a sopportare le conseguenze negative della risoluzione dovrà essere individuata sulla base delle specifiche condizioni di vendita e di trasporto, con possibile interessamento dei profili assicurativi dei soggetti coinvolti.

Ho un’azienda di prodotti alimentari deperibili collocata all’interno della c.d. “zona rossa”. Ho in magazzino prodotti già venduti a clienti e in giacenza, che avrei dovuto consegnare nelle prossime settimane. La consegna è diventata impossibile a causa delle limitazioni alla circolazione adottate dalle Pubbliche Autorità. Sono obbligato a risarcire il danno subito dal cliente per il deperimento della merce acquistata e lasciata in deposito presso di me? Ho diritto ad essere rimborsato dal cliente per le spese che sosterrò per smaltire la merce deperita?

Anche in questo caso, si tratta di impossibilità temporanea di eseguire la consegna per una causa non imputabile al produttore ex art. 1256, co. 2 cod. civ. per forza maggiore.

Lo stesso genere di impossibilità potrebbe essere invocato per escludere la responsabilità contrattuale – e dunque il risarcimento del danno – nei confronti dei clienti.

La parte su cui graverà il rischio dell’operazione andrà individuata sulla base delle condizioni contrattuali di vendita e di trasporto. Anche il tema delle spese di smaltimento dovrà essere oggetto di esame nel contesto degli accordi contrattuali.