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IL DIROTTAMENTO DEL BUS. Arriva la sentenza di primo grado. SZA nel team difensivo per gli aspetti civilistici.

Il primo grado si è concluso con 24 anni di reclusione per l’imputato, la condanna in solido per Autoguidovie e Ministero dell’istruzione e il risarcimento di 25.000 euro per ogni bambino e 3.000 euro per ogni genitore.

A Milano si è tornati in aula per il processo del dirottamento del Bus della scuola Vailati di Crema. L’imputato è stato condannato a 24 anni di reclusione per i reati di sequestro di persona ed attentato per scopi di terrorismo ed eversione (artt. 280 e 289 bis c.p.). È stata inoltre riconosciuta la responsabilità civile solidale di Autoguidovie quale datore di lavoro dell’imputato e responsabile civile dell’evento e il MIUR quindi la scuola, quale responsabile della mancata sicurezza degli alunni. È stata quindi concessa una provvisionale di € 25.000 (venticinquemila) per ciascun ragazzo ed € 3000 (tremila) per ogni genitore.

Le motivazioni della sentenza non sono state depositate; tuttavia, il dispositivo mostra la sensibilità della Corte verso le ragioni delle famiglie ed il riconoscimento dell’alta capacità lesiva dell’evento sulle vite dei ragazzi e dei loro genitori. 

Dal punto di vista civilistico gli spunti di riflessione oggetto della strategia difensiva sono stati essenzialmente due: un primo aspetto riguarda una fattispecie inedita che non trova molti precedenti giurisprudenziali e si tratta del cosiddetto “danno da paura” derivante da quello che avrebbe potuto accadere ma non è successo: la paura di morire, la paura di non rivedere più vivi i propri figli.

Più tecnicamente, il caso in esame si caratterizza per un evento traumatico che ha provocato un fortissimo stress sui ragazzi e sulle loro famiglie.

Terminata la fase acuta, tutte le vittime (primarie e secondarie) hanno infatti manifestato stati d’ansia più o meno intensi, che, se nei casi più gravi si sono concretizzati in attacchi di panico, in generale hanno visto una regressione comportamentale dei ragazzi (veglia notturna, paura di dormire da soli o di salire sui mezzi di trasporto) ed un turbamento delle abitudini di vita delle famiglie.

Va aggiunto che, avendo l’evento impattato sulla psiche delle vittime, non è escluso che i danni maggiori siano rimasti quiescenti e riemergano, più violentemente, in futuro di fronte ad altri eventi di stress o fatti traumatici anche comuni (la morte di un familiare, la perdita di un lavoro, la separazione dei genitori, etc.).

Un aspetto quindi complesso che attiene ad un’eventualità più che ad un fatto, eppure in grado di lasciare un forte segno in chi l’ha vissuta.

Concedendo una provvisionale così importante, la Corte ha riconosciuto in pieno l’esistenza di questa tipologia di danno e in futuro tale sentenza sarà significativa e costituirà un precedente importante.

Molto interessante è anche il riconoscimento della catena di responsabilità, altro pilastro della strategia difensiva.

Oltre ad  Autoguidovie responsabile, secondo l’art.2049 cc, dell’illecito del dipendente come datore di lavoro, è stata riconosciuta anche la responsabilità del Ministero dell’Istruzione, nella sua posizione di garanzia ex lege con l’obbligo di protezione degli alunni.

Nelle motivazioni della sentenza sarà centrale il percorso logico-giuridico che ha portato i giudici ad imputare anche al Ministero dell’Istruzione il comportamento dell’imputato, seppure mancasse una formalizzazione dei rapporti tra il Ministero, da un lato, e l’imputato ed il suo datore di lavoro (Autoguidovie) dall’altro.

Il pool dei difensori di 35 ragazzi e di una collaboratrice scolastica è composto dagli avvocati Luigi Santangelo ed Irene Gittardi per lo Studio LSM, gli avvocati Fabio Cagnola, Valentina Quattrini e Federico Boncompagni per lo Studio Cagnola & Associati e gli avvocati Marisa Meroni, Laura Giammarrusto e Marco Cristiano Petrassi per SZA Studio Legale.